10/05/2018 – Sanzioni amministrative per le violazioni del Reg. 1169 del 2011 e regole per la commercializzazione degli alimenti non preimballati, anche a mezzo di distributori automatici, nonchè di indicazione del lotto
A far data dal 9 maggio 2018 è in vigore ed applicabile il Decreto Legislativo n. 231 del 15/12/2017 dal titolo “Disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni del regolamento (UE) n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori e l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del medesimo regolamento (UE) n. 1169/2011 e della direttiva 2011/91/UE, ai sensi dell’articolo 5 della legge 12 agosto 2016, n. 170 «Legge di delegazione europea 2015»” , pubblicato in Gazzetta Ufficiale l’8 febbraio 2018.
Il decreto reca, in primo luogo, al Titolo II, la disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni di cui al Reg. (UE) 1169/2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori. L’emanazione del corpo di norme sanzionatorie, attesa in Italia ormai da diversi anni, permette finalmente di abbandonare il dibattito e tutti i legittimi dubbi sull’applicabilità o meno delle sanzioni di cui al vecchio art. 18 del D.lgs. 109/1992 alle fattispecie di violazioni corrispondenti disciplinate dal Reg. 1169/2011.
In linea generale, le sanzioni sono caratterizzate da massimi edittali più alti rispetto alle sanzioni del D.lgs. 109/1992, con pene pecuniarie che possono arrivare, per le violazioni più gravi, fino a un massimo di 40.000 euro. Come vedremo in conclusione, tuttavia, diversi istituti mitigatori riconducono mediamente a importi similari, o persino inferiori, rispetto alle precedenti sanzioni.
In particolare, il decreto prevede, al Capo I del Titolo II, le sanzioni per le violazioni delle disposizioni generali in materia di informazioni sugli alimenti (violazione delle pratiche leali di informazione e violazione degli obblighi informativi da parte degli OSA di cui all’art. 8 del Reg. 1169/2011) con massimi edittali fino a 24.000 euro per i casi più gravi di pratiche d’informazione sleali, in violazione dei principi di cui all’art. 7 del Reg. 1169/2011, e fino a 16.000 euro per l’OSA che modifica le informazioni che accompagnano un alimento, in violazione dell’art. 8, c.4 del Reg. 1169/2011.
Al Capo II sono previste le sanzioni per le violazioni degli obblighi relativi all’apposizione delle indicazioni obbligatorie di cui agli artt. 9 e 10 e All. III del Reg. 1169/2011, con pene pecuniarie fino a 24.000 euro per la mancata apposizione di una o più informazioni obbligatorie di cui all’art. 9, c.1 e delle informazioni obbligatorie complementari per alcune tipologie di alimenti di cui all’art. 10, c.1 del Reg. 1169/2011. Per il caso più grave di mancata indicazione degli allergeni (violazione dell’art. 9, c. 1, lett c)) è previsto una sanzione con massimo edittale fino a 40.000 euro, salvo che il soggetto abbia avviato le procedure di richiamo di cui all’art. 19 del Reg. 178/2002 prima dell’accertamento della violazione. E’ sanzionata anche la mancata osservanza delle modalità di espressione, presentazione e posizionamento delle informazioni, secondo quanto previsto dagli artt. 12 e 13 del Reg. 1169/2011, con pene pecuniarie fino a 8.000 euro.
Al Capo III sono regolate le sanzioni per la violazione delle disposizioni specifiche sulle indicazioni obbligatorie (ad es. delle disposizioni specifiche in materia di denominazione dell’alimento, elenco degli ingredienti, QUID, TMC o data di scadenza, origine o provenienza, titolo alcolometrico e dichiarazione nutrizionale) con pene pecuniarie che arrivano fina 16.000 euro, tranne per il caso più grave di vendita o esposizione per la vendita di alimenti oltre la data di scadenza per cui è prevista una sanzione con massimo edittale fino a 40.000 euro.
Al Capo IV, infine, sono previste sanzioni, fino a un massimo di 24.000 euro, per le violazioni in materia di informazioni volontarie sugli alimenti di cui all’art. 36 del Reg. 1169/2011 (es. utilizzo ingannevole di claims di marketing come naturale o artigianale).
Le sanzioni sopra menzionate sono previste, chiaramente, salvo che il fatto costituisca reato e fatta salva la disciplina sanzionatoria prevista dal D.lgs. 206/2005 (Codice del Consumo e competenze sanzionatorie dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ivi regolate).
Il decreto in esame reca, altresì, al Titolo III, disposizioni nazionali in materia di etichettatura, presentazione e pubblicità degli alimenti ai sensi del Capo VI del Reg. (UE) 1169/2011 e della Dir. 2011/91/UE relativa alle diciture o marche che consentono di identificare la partita alla quale appartiene una derrata alimentare (c.d. Lotto).
Si tratta di disposizioni nazionali riguardanti i settori non espressamente armonizzati dal Reg. 1169/2011, emanate secondo quanto previsto dall’art. 38 del regolamento stesso. In particolare, sono previste disposizioni sulle informazioni ai consumatori nell’ipotesi di vendita di alimenti non preimballati (si ricorda che il Reg. 1169/2011 si applica agli alimenti preimballati), preimballati sui luoghi di vendita su richiesta del consumatore o preimballati per la vendita diretta (c.d. preincarti), sulla distribuzione di alimenti non preimballati da parte delle collettività, sulla distribuzione di alimenti non preimballati tramite distributori automatici, nonché la disciplina sanzionatoria per le violazioni delle predette disposizioni.
L’art. 19 regola le informazioni che devono essere fornite in caso di vendita di prodotti (i) non preimballati (destinati al consumatore o alle collettività), (ii) preimballati sui luoghi di vendita su richiesta del consumatore o preimballati ai fini della vendita diretta, nonché i prodotti (iii) non costituenti unità di vendita ai sensi dell’art. 2, par. 2, lett. e) del Reg. 1169/2011, poiché venduti previo frazionamento ancorché posti in confezione o involucro protettivo.
Per tali prodotti, il decreto richiede l’indicazione di informazioni supplementari – in aggiunta all’indicazione obbligatoria delle sostanze che provocano allergie o intolleranze già stabilita dall’art. 44 del Reg. 1169/2011 – e in particolare:
- a) la denominazione,
- b) l’elenco ingredienti con gli allergeni evidenziati come previsto dall’art. 21 del Reg. 1169/2011,
- c) le modalità di conservazione ove necessario,
- d) la data di scadenza per le sole paste fresche e paste fresche con ripieno di cui al DPR 187/2011,
- e) il titolo alcolometrico volumico effettivo per le bevande con contenuto alcolico superiore a 1,2% in volume,
- f) la percentuale di glassatura, considerata tara, per i prodotti congelati glassati e
- g) la designazione «decongelato» secondo l’All. VI, punto 2 del Reg. 1169/2011 e rispettive deroghe.
Tali informazioni devono figurare su apposito cartello applicato ai recipienti che contengono i prodotti alimentari di cui trattasi o su altro sistema equivalente, anche digitale, facilmente accessibile e riconoscibile, presente nei comparti in cui sono esposti. Il decreto specifica che le fascette e le legature, anche se piombate, non sono considerate imballaggio.
Nel caso di fornitura diretta alle collettività, invece, il decreto specifica che tali informazioni possono essere riportate su un documento commerciale, anche in via telematica.
Sono previste altresì modalità di indicazione particolari per determinate informazioni e determinate categorie di prodotti: ad esempio, per i prodotti della gelateria, pasticceria, panetteria, pasta fresca e gastronomia, comprese le preparazioni alimentari, l’elenco degli ingredienti può comparire su un unico e apposito cartello tenuto ben in vista oppure, per singoli prodotti, su un apposito registro o altro sistema equivalente, anche digitale, da tenere ben in vista, a disposizione dell’acquirente, in prossimità dei banchi di esposizione dei prodotti, purché le indicazioni relative alle sostanze che provocano allergie o intolleranze; oppure, per le bevande vendute mediante spillatura, il cartello può essere applicato direttamente sull’impianto o a fianco dello stesso; o ancora, le acque idonee al consumo umano non preconfezionate, somministrate nelle collettività o in altri esercizi pubblici, devono riportare specifiche denominazioni di vendita, ecc.
Il comma 8 dell’art. 19, regola espressamente, invece, le informazioni da fornire in caso di alimenti non preimballati distribuiti dalle collettività (ristoranti, mense, scuole, ospedali, imprese di ristorazione o altre strutture in cui, nel quadro di un’attività imprenditoriale, sono preparati alimenti destinati al consumo immediato da parte del consumatore finale) che sono infatti espressamente esclusi (ai sensi del comma 1 dell’art. 19) dal campo di applicazione dei commi precedenti dello stesso articolo. In questo il decreto prevede che le informazioni obbligatorie da fornire siano quelle relative alla presenza di sostanze che provocano allergie o intolleranze e prevede che tal indicazioni debbano essere fornite in modo da essere riconducibili a ciascun alimento, prima che lo stesso venga servito al consumatore finale dalle collettività e che debbano essere apposte su menù, o registro, o apposito cartello o altro sistema equivalente, anche digitale (purché tal informazioni risultino anche da documentazione scritta facilmente reperibile) , da tenere ben in vista. In alternativa, può essere riportato l’avviso relativo alla possibile presenza delle sostanze allergeniche su menù, o registro o cartello che rimandi al personale cui chiedere informazioni (che dovranno comunque risultare da documentazione scritta facilmente reperibile).
L’art. 18 regola invece l’ipotesi di distribuzione di alimenti non preimballati tramite distributori automatici o locali commerciali automatizzati, in cui devono essere riportate sui distributori, per ciascun prodotto, in lingua italiana e in modo da essere chiaramente visibili e leggibili, le indicazioni di cui all’art. 9, par. 1, lett. a), b), e c) del reg. 1169/2011 (denominazione, elenco ingredienti e sostanze allergeniche) nonché nome o ragione sociale o marchio e sede dell’impresa responsabile della gestione dell’impianto.
Infine, l’art. 17 del decreto reca le disposizioni sulle diciture o marche che consentono di identificare la partita alla quale appartiene una derrata alimentare (c.d. Lotto), in attuazione della Dir. 2011/91/UE. L’articolo prevede l’obbligatorietà dell’indicazione del lotto di appartenenza del prodotto, le modalità di apposizione per prodotti preimballati (sull’imballaggio o su un’etichetta ad esso apposta) e non preimballati (imballaggio o recipiente o, in mancanza, sui documenti commerciali di vendita), e le deroghe all’obbligo di apposizione (in caso di indicazione di TMC o data di scadenza con menzione di almeno il giorno e il mese, per gelati monodose venduti tal quali purché figuri sull’imballaggio globale, per prodotti agricoli all’uscita dall’azienda agricola a determinate condizioni, per i prodotti alimentari non preimballati e per confezioni e recipienti il cui lato più grande abbia una superficie inferiore a 10 cm2).
Per la violazione di tutte le disposizioni del Titolo III sopra menzionate, il decreto prevede le relative sanzioni agli artt. 21 (violazione delle disposizioni sull’indicazione del lotto), 22 (violazione delle disposizioni sulle indicazioni relative agli alimenti non preimballati forniti tramite distributori automatici) e 23 (violazione delle disposizioni sulle indicazioni obbligatorie per la vendita di prodotti non preimballati), con pene pecuniarie che possono arrivare, nel massimo edittale, per quest’ultimo caso, fino a 24.000 euro.
Quanto agli aspetti procedurali, il decreto stabilisce che il Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressioni frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali sia designato quale autorità competente all’irrogazione delle sanzioni, fatte salve le prerogative dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ai sensi del Codice del Consumo.
È prevista una clausola di smaltimento delle scorte senza limiti temporali, per cui “gli alimenti immessi sul mercato o etichettati prima della data di entrata in vigore del presente decreto (9 maggio 2018) in difformità dallo stesso possono essere commercializzati fino all’esaurimento delle scorte”.
A fronte dell’inasprimento delle pene, rispetto alla legislazione precedente, sono previsti dei meccanismi premiali incentivanti all’adempimento delle sanzioni. Per le violazioni regolate dal decreto è, infatti, applicabile (i) l’istituto della diffida (previsto dal DL 91/2014, ai sensi del quale ove l’autorità competente accerti per la prima volta l’esistenza di violazioni sanabili, dovrà prima adottare prescrizioni di correzione e diffidare il trasgressore ad adempiervi entro il termine di 20gg; solo in caso di mancata ottemperanza alle prescrizioni al diffidato potrà essere irrogata la sanzione, senza il beneficio della determinazione in misura ridotta) e (ii) un abbattimento del 30% della sanzione amministrativa già determinata in misura ridotta se il pagamento è effettuato entro 5 giorni dalla contestazione o notificazione. È inoltre prevista una riduzione della sanzione amministrativa sino ad un terzo quando la violazione è commessa da imprese aventi i parametri della microimpresa di cui alla Raccomandazione 2003/361/CE.
Ulteriori novità sono rappresentate dal fatto che, ai sensi dell’art. 27, cc. 4 e 5, le disposizioni sanzionatorie illustrate non si applicano alle forniture ad organizzazioni senza scopo di lucro, per la successiva cessione gratuita a persone indigenti, di alimenti che presentano irregolarità di etichettatura non riconducibili alle informazioni relative alla data di scadenza o relative alle sostanze o a prodotti che possono provocare allergie o intolleranze. Inoltre, le disposizioni sanzionatorie non si applicano all’immissione sul mercato di un alimento che è corredato da adeguata rettifica scritta delle informazioni non conformi a quanto previsto dal presente decreto.
Il D.lgs. 231 del 15/12/2017, come detto, entra in vigore il 09/05/2018.
Esso ha abrogato il D.lgs 109/1992, per cui il richiamo agli artt. 13, 15, 16 e 17 del D.lgs 109/1992, contenuto in altre disposizioni normative, deve intendersi riferito rispettivamente agli artt. 17, 18, 19 e 20 del presente decreto. I richiami all’art. 18 del D.lgs 109/1992, contenuti nelle vigenti disposizioni, devono intendersi effettuati ai corrispondenti articoli del presente decreto.
Sono altresì abrogati:
- a) l’art. 7 del DPR 391/1980;
- b) il D.lgs 77/1993.
Alla L. 169/1989 sono soppressi:
- a) l’art. 5, c. 3, ultimo periodo;
- b) l’art. 6, c. 1, lett. a), limitatamente alle parole: «, con data di riferimento di 180 giorni dal confezionamento»;
- c) l’art. 6, c. 1, lett. b), limitatamente alle parole: «, con data di riferimento di 90 giorni dal confezionamento».
Articolo a cura dell’Avv. Cesare Varallo.