30/03/2015 – Se l’esplodere del famigerato “Horsemeat Scandal” fu salutato in un primo tempo dall’incredulità e dalla malcelata ilarità di pubblico e media, subito seguiti da un’eccessiva preoccupazione per un rischio sanitario dimostratosi in breve assente, nessuna delle due reazioni pare essere stata scatenata da quella che potrebbe essere la prossima frode alimentare che colpirà il mercato a livello globale.
Il prodotto interessato, in questo caso, sono le spezie (in particolare cumino, paprica e vari mix): ad un livello non ancora identificato della filiera, esse sono state adulterate con gusci di mandorla tritati, con il chiaro intento di ottenere un guadagno economico. Il vero rischio – e ciò che distingue questo caso dall’ “Horsegate” – è che tale condotta pone un gravissimo rischio per la salute dei consumatori allergici.
La frutta a guscio, infatti, è tra gli allergeni che più facilmente possono causare violenti shock anafilattici; il rischio, inoltre, è più che concreto, dal momento che proprio la rilevazione analitica di tracce di mandorla (probabilmente rimasta incrostata sui gusci) è stata la causa di decine di ritiri e richiami dal mercato scattati in Gran Bretagna, Stati Uniti, Canada e diversi altri Stati Europei.
Sebbene l’intenzionalità della contaminazione non sia ancora dimostrabile, è chiaro che una così ampia diffusione dei ritiri e richiami su scala mondiale, il coinvolgimento nel problema di molti differenti brand presenti sul mercato (anche retailer globali come Morrisons and Sainsbury’s), nonché la tipologia di prodotto, fanno chiaramente deporre per una frode deliberata.
Le spezie, infatti, hanno prezzi e margini piuttosto elevati, che permettono ottimi margini di guadagno tramite un’adulterazione di questo tipo: inoltre, non sempre i sistemi di tracciabilità interna delle piccole e medie aziende del settore sono adeguati all’elevata complessità richiesta dalla gestione di tali materie prime e dei relativi mix. Infine, come evidenziato dal Prof. Chris Elliot (già estensore della cd. “Elliot review”), l’ultima stagione ha visto nel Gujarat (India) un raccolto di cumino assolutamente disastroso a causa delle intemperie, e ciò ha causato un picco nei prezzi.
Nonostante un’azienda inglese, Bart Ingredients, abbia contestato i metodi analitici utilizzati dalla Food Standard Agency (FSA) britannica, avanzando l’ipotesi di “falsi positivi” ascrivibili ad un altro ingrediente (il “mahaleb”, estratto da una varietà di ciliegio), la possibilità che ciò sia vero per tutti i casi riscontrati pare del tutto irrealistica.
Il paese europeo più colpito dal fenomeno è stato nuovamente la Gran Bretagna, ove il consumo di cumino è molto elevato come esaltatore dei sapori in zuppe e prodotti trasformate, ma anche in mix con altre spezie come paprica, chili e curry; la portata della contaminazione, tuttavia, non è ancora del tutto stata accertata. Al momento non sono stati riscontrati casi certi di decessi o ricoveri dovuti alla situazione, ma purtroppo potrebbe solo essere questione di tempo. Le spezie interessate sono presenti in molti prodotti trasformati preconfezionati e difficilmente sarà possibile rimuoverli tutti dagli scaffali (es. i primi richiami hanno interessato kit per fajitas nei supermarket inglesi).
Questo sarà quindi il primo “stress test” per la neonata Food Crime Unite della FSA e per il sistema di sicurezza alimentare UK nel suo complesso, dopo la sua riorganizzazione a seguito della “Elliot review”. Indicazioni importanti, tuttavia, potranno essere ricavate anche dalla Commissione Europea, al momento impegnata con la revisione del Reg. (CE) n. 882/2004 e con la preparazione di adeguate misure di contrasto alle frodi.
Cesare Varallo
Food Lawyer in Italy
Vice President – Business and Regulatory Affairs EU – INSCATECH