29/10/2021 – Il progetto europeo “Farm to Fork” potrebbe non rispondere alle attese.
Alcuni studi di tipo economico hanno preso in considerazione l’impatto del progetto europeo Farm to Fork ponendo in evidenza alcune criticità che ne minerebbero la sostenibilità.
L’USDA, il Dipartimento Statunitense dell’Agricoltura, si era preoccupato di verificare come le politiche europee avrebbero influito sui commerci internazionali dei prodotti agroalimentari arrivando a esprimere critiche per i forti squilibri sui mercati, per l’aumento dei prezzi delle derrate alimentari, per il mancato raggiungimento degli obiettivi sul piano ambientale.
Analoghe le risultanze del JRC, il Centro di Ricerca Europeo, che oltre a puntare il dito sull’impennata dei prezzi ha convenuto sugli scarsi risultati raggiungibili sul piano ambientale. Il miglioramento ottenuto in Europa sarebbe infatti dimezzato dalle maggiori emissioni dei paesi terzi. A loro, infatti, ci si dovrebbe rivolgere per soddisfare i fabbisogni alimentari dei cittadini europei, peggiorando per di più la bilancia commerciale dell’Unione.
Gli agricoltori tedeschi riuniti in Grain Club hanno analizzato con metodo scientifico le proposte del Farm to Fork. Christian Henning, direttore dell’Istituto di economia agraria dell’Università di Kiel, è stato incaricato di valutare le conseguenze del progetto europeo. Lo studio ha rilevato un aumento dei costi per la carne bovina del 58%, quella di suino sarà più cara del 48% e anche per acquistare il latte sarà necessario spendere il 36% in più. Si aggiungeranno anche incrementi di prezzo per i cereali e per i prodotti ortofrutticoli, con percentuali che andranno dal 12 al 15%. Lo studio prosegue dicendo che sarà improbabile la riduzione della domanda di latte e di carne, in quanto gli studi degli economisti li considerano difficili da comprimere.
Gli esiti del Farm to Fork potrebbero tradursi in un disastro economico destinato a pesare sulle fasce meno abbienti, senza peraltro raggiungere gli obiettivi prefissati sul piano ambientale. Non solo per l’aumento delle importazioni dai paesi terzi, ma per lo scarso contributo proveniente dall’agricoltura biologica, che nonostante il previsto aumento del 25%, consentirebbe solo una modesta riduzione del carico di azoto nel terreno. Le trasformazioni poi nell’uso dei campi, con l’introduzione del set-aside e della loro destinazione ecologica (improduttiva), migliorerebbe in misura irrilevante il sequestro di carbonio da parte del terreno.
L’Unione Europea ha pubblicato i dati sulle conseguenze delle politiche previste dal Farm to Fork ad agosto di quest’anno, dati che confermerebbero le conclusioni di USDA, JRC e dell’università di Kiel.
A questo punto è lecita la preoccupazione di diverse associazioni di agricoltori europei che chiedono di affiancare alla sostenibilità ambientale, certamente una priorità, anche la sostenibilità economica e sociale.
Fonte: l’intero articolo è presente al seguente link : i “silenzi” del Farm to Fork