In questi ultimi giorni su numerosi quotidiani nazionali sono apparse notizie che riportano di richieste di pagamento in denaro per evitare fenomeni di contaminazione intenzionale nelle confezioni di caffè di alcune note marche nazionali.
Le società avrebbero ricevuto lettere minatorie in cui veniva richiesto il pagamento di una cifra notevole. Le lettere sarebbero state accompagnate da una bustina contenente una sostanza velenosa: secondo quanto riportato se i destinatari delle lettere avessero rifiutato di pagare quanto richiesto, la sostanza sarebbe stata introdotta nei prodotti delle aziende venduti a scaffale.
Nel settore della filiera alimentare non sono nuovi i fenomeni di tentativi di estorsione ai danni di grandi imprese (grandi marchi) associati alla minaccia, in assenza di pagamento di quanto richiesto, di poter contaminare i prodotti finiti presenti negli scaffali.
Ad esempio, il 10 dicembre 1998 furono recapitati alla redazione di Firenze dell’agenzia Ansa due panettoni marca Motta e Alemagna (gruppo Nestlé) avvelenati con topicida (Racumin). Le confezioni apparivano intatte, si scoprirà poi che il veleno era stato iniettato nei dolci direttamente con una siringa. I panettoni furono ritirati da tutti gli scaffali d’Italia: il gesto terroristico è rivendicato dall’Animal Liberation Front. (Fonte: Corriere della sera)
Un altro episodio significativo accadde dall’ottobre al dicembre del 1999 quando fu oggetto di attacchi lo champagne della LVHM (detentrice del marchio Luis Vuitton e di etichette famose come Moet & Chandon, Dom Perignon e Veuve Cliquot). Alla ditta che commercializzava in Italia il «Veuve Cliquot» fu recapitata una bottiglia di Veuve» all’apparenza perfettamente intatta ma con all’interno due decilitri di metanolo. Il gesto fu rivendicato da una organizzazione ecoterrorista Entretemp che pretese da LVHM 4,5 miliardi di vecchie lire. (Fonte: Corriere della sera)
Questi eventi recenti riportano all’attenzione degli operatori del settore alimentare la problematica della Food defense ovvero il saper proteggere i prodotti della catena alimentare da tentativi intenzionali di contaminazione finalizzati al sabotaggio, ad attentati alla salute pubblica o come sembrerebbe in questi ultimi casi, all’estorsione in denaro.
La protezione dei siti produttivi (stabilimenti, magazzini di stoccaggio, ecc.) e dei mezzi di trasporto degli alimenti da atti di sabotaggio diventa oggigiorno una vera e propria priorità per l’azienda alimentare: non a caso la gestione della Food Defense, ovvero la protezione dei prodotti alimentari da alterazioni intenzionali dovute ad agenti biologici, chimici, fisici o radiologici, è sempre oggetto di maggiore attenzione da parte dei principali standard di sicurezza alimentare quali ad esempio il BRC Global Standard for Food Safety e l’IFS Food.
Gli atti di contaminazione intenzionale dei prodotti alimentari possono infatti avere effetti sia sul mercato (perdita di fiducia dei consumatori nei confronti delle aziende che non hanno protetto adeguatamente il loro prodotto) che sul business (impatto negativo per le imprese coinvolte con possibili perdite sui mercati nazionali fino al blocco delle importazioni da parte di mercati esteri).