23/02/2022 – Anatomia dei Recalls per presenza di allergeni negli alimenti
Il richiamo di un prodotto è senza dubbio un evento sgradito all’azienda alimentare. Negli ultimi anni i richiami di prodotto per la presenza di allergeni non dichiarati sono diventati la principale ragione di richiamo di prodotto dal mercato.
Spesso la FDA e l’USDA classificano il richiamo per allergene non dichiarato come un richiamo di Classe 1 perché correlato a reazioni allergiche severe, inclusa la morte. I recall di Classe 1 sono definiti come situazioni ove vi è una ragionevole probabilità che l’uso o l’esposizione ad un prodotto alimentare causerà conseguenze serie per la salute del consumatore o la morte.
La presenza di residui di allergeni, dei così detti “Big 8” (e a breve dei “Big 9” vista la recente introduzione del Sesamo nella lista degli allergeni più importanti) è considerata una ragione sufficiente per un recall di Classe 1. Solo occasionalmente, quando l’allergene non dichiarato è il grano (glutine), con valori di rilevabilità molto bassi, si parla di recall di Classe 2. I recall di Classe 2 sono definiti come situazioni ove vi è una ragionevole probabilità che l’uso o l’esposizione ad un prodotto alimentare causerà conseguenze di medio termine o le cui conseguenze siano curabili oppure quando la probabilità di reazioni avverse serie siano remote.
Il Food Safety Modernization Act (FSMA) del 2011 richiede l’applicazione di preventive controls per la gestione degli allergeni. Chiaramente l’etichettatura ed efficaci controlli di processo aiutano a ridurre gli eventi di richiamo del prodotto dal mercato.
Un articolo pubblicato dal Food Safety Magazin mette in primo piano il numero crescente di Recall a causa della presenza di allergeni non dichiarati negli alimenti.
L’articolo propone 6 casi di richiamo di prodotto dal mercato avvenuti negli USA e ne analizza le cause profonde per dare l’opportunità ai lettori di focalizzare alcuni aspetti da non sottovalutare quando si esegue una analisi dei rischi in materia di allergeni.
Gli autori di questo articolo ritengono che la condivisione di esempi di eventi che hanno portato al richiamo del prodotto per la presenza di allergene, possano essere utili alle aziende per mettere in atto azioni che portino all’applicazione di GMPs che aiutano ad evitare simili episodi in futuro.
Di seguito quindi vengono riportati alcuni casi accaduti con l’identificazione delle relative root cause analysis (analisi delle cause profonde) che hanno portato all’applicazione di azioni correttive a risoluzione del problema.
Caso n. 1: residui di uova in pasta in scatola
Un produttore di pasta in scatola ha ricevuto numerosi reclami da parte di consumatori che coinvolgono una particolare referenza di pasta in scatola che ha causato reazioni avverse nei bambini allergici alle uova. La referenza in questione è un nuovo prodotto che è stato recentemente aggiunto al portafoglio dell’azienda. I sintomi sviluppati in queste reazioni avverse sono coerenti con i sintomi di una allergia alimentare. Il prodotto non dichiara la presenza di uova nell’elenco degli ingredienti.
Un’analisi di diverse confezioni dello stesso lotto di prodotto non ha rivelato la presenza di residui di uova. La pasta che costituisce il prodotto è stata acquistata da un fornitore terzo. Il produttore della pasta in lattina ha deciso di condurre un’ispezione presso l’impianto del fornitore di pasta. Nel corso di tale ispezione, è stato scoperto un punto in cui una linea che trasporta pasta all’uovo incrocia la linea che trasporta il prodotto che non contiene uova, oggetto della fornitura. L’ispettore è stato in grado di evidenziare che le tagliatelle all’uovo cadono di tanto in tanto dalla linea dedicata finendo nella linea che trasporta la pasta che non contiene l’uovo.
Successivamente all’ispezione presso il fornitore è stato riscontrato che una confezione della pasta fornita conteneva diversi frammenti di tagliatelle all’uovo. Queste tagliatelle all’uovo non erano presenti in maniera uniforme in tutta la pasta usata come ingrediente della pasta in scatola, questo spiega perché all’atto della ricerca dell’allergene nel prodotto finito la presenza di uova non era stata rilevata.
La contaminazione tra le linee è stata identificata come la causa principale della cross contamination da uovo, per evitare la contaminazione è stata posta una barriera sulla linea di trasporto delle lasagne all’uovo che evita la caduta delle lasagne sulla pasta che non contiene l’uovo.
Caso n. 2: arachidi in gelato
Un produttore di gelati ha ricevuto un reclamo da parte di un consumatore, allergico alle arachidi, coinvolto in una reazione allergica dopo aver consumato del gelato al cioccolato. Il produttore di gelati ha prodotto diverse referenze con gusti diversi, incluse referenze che contengono arachidi come ingrediente.
L’azienda ha messo in atto diverse GMP, tra queste: la pianificazione della produzione per produrre le referenze contenenti gli arachidi al termine della giornata produttiva, prima della sanificazione della linea mediante un sistema CIP; l’uso di tamponi specifici per la rilevazione delle arachidi al fine di valutare l’efficacia della sanificazione eseguita. Nonostante questi approcci, l’analisi con metodo ELISA, eseguita da un laboratorio esterno, ha rivelato la presenza di residui di arachidi nel gelato al cioccolato.
Sono state analizzate diverse confezioni di gelato al cioccolato dello stesso lotto e si è scoperto che contenevano livelli simili e moderatamente elevati di arachidi. Questa evidenza ha permesso di escludere alcune cause che hanno portato alla cross contamination in quanto:
- un errore di pulizia con l’impiego di un sistema CIP avrebbe portato a livelli di cross contamination più elevati nelle prime confezioni prodotte dopo la pulizia, e livelli in riduzione nel prodotto successivo alle prime fasi;
- gli errori riconducibili alla pulizia porterebbero a bassi livelli di allergene anche nelle prime confezioni prodotte, tranne nella situazione inattesa in cui non sia stata eseguita la pulizia.
Un riesame delle registrazioni di processo ha mostrato, in modo chiaro, che un gelato al burro di arachidi era stato incorporato nel gelato al cioccolato durante una rilavorazione. L’uso di un ingrediente da rilavorazione spiega perché nel gelato al cioccolato sono stati rilevati livelli costanti e moderatamente elevati di residui di arachidi. Ulteriori indagini hanno rivelato che l’operatore di processo aveva interpretato il così detto “prodotto simile” come qualsiasi prodotto che non aveva influenza sul colore o sul sapore del gelato al cioccolato, potendo quindi usare il gelato al burro di arachidi nella rilavorazione.
L’uso di rilavorazioni contenenti arachidi è stato identificato come la causa principale di questo richiamo. Le azioni correttive hanno incluso una formazione più specifica e dettagliata degli operatori sulla gestione degli allergeni e l’implementazione di una nuova procedura di gestione delle rilavorazioni. La nuova procedura prevede che la rilavorazione può essere fatta solo nella stessa referenza di prodotto che ha generato il gelato rilavorato.
Caso n. 3: residuo di arachide in mix di spezie
Il produttore di un condimento a base di spezie è stato avvisato della presenza di arachidi non dichiarate da un cliente che ha condotto un test di routine per la ricerca di allergeni. Sono stati eseguiti dei test delle confezioni conservate come controcampione e dei singoli ingredienti che componevano il condimento. I test hanno rivelato la presenza di livelli elevati di arachidi non dichiarate nel cumino utilizzato come ingrediente del condimento. Il cumino era stato importato dalla Turchia.
A causa dei livelli molto elevati di arachidi presenti nel cumino, il produttore sospetta un’adulterazione intenzionale; tuttavia, tali accuse sono difficili da provare. È stato riscontrato che anche altre società, che producono miscele di spezie, clienti dello stesso fornitore turco hanno ricevuto, utilizzato e distribuito miscele di condimenti e cumino con livelli elevati di arachidi non dichiarati. Inizialmente, non sono stati ricevuti reclami dai consumatori, ma alla fine diversi reclami sono stati collegati a prodotti associati al cumino implicato. A questi sono seguiti centinaia di richiami di prodotti.
La causa principale era la presenza di arachidi non dichiarati nel cumino acquistato da uno specifico fornitore. L’azione correttiva è stata il blocco dell’importazione di cumino dal fornitore turco. Alcune aziende colpite hanno iniziato a procurarsi cumino da fornitori statunitensi che importano semi di cumino interi e che macinano la spezia presso strutture statunitensi.
Il produttore della miscela di condimenti potrebbe essere apprezzato per adottare una buona gestione che ha consentito una rapida identificazione del cumino come fonte dell’arachide non dichiarata. Questa azienda ha tenuto campioni di tutti i suoi prodotti, una GMP impiegata da molte aziende che aiuta molto nelle indagini sui richiami; tuttavia, questa azienda ha anche tenuto campioni dei singoli ingredienti che sono stati impiegati nella miscela di condimenti. Questa pratica è meno comune, ma ha avuto benefici importanti in questo caso.
Caso n. 4: tracce di arachide in cumino
Il rilevamento di cumino adulterato con arachidi da parte di un importatore e l’implicazione di diversi fornitori di miscele di condimenti (relativo all’episodio del caso n. 3 sopra citato) hanno indotto molte aziende a iniziare a testare il cumino e le miscele di condimenti contenenti cumino per rilevare eventuali residui di arachidi. Fortunatamente non sono stati trovati livelli elevati di residui di arachidi nel cumino macinato o intero analizzato. Tuttavia, in alcuni casi sono stati rilevati bassi livelli di residui di arachidi (< 25 ppm e spesso < 10 ppm).
Poiché il cumino è una spezia con un sapore molto intenso, il suo impiego nei prodotti alimentari è limitato nella quantità impiegata. Pertanto, è improbabile che questi bassi livelli di arachidi nel cumino presentino rischi per i consumatori allergici alle arachidi. Tuttavia, la presenza nel cumino di residui di arachidi rilevabili ha spinto diverse aziende a ritirare o a scartare il prodotto. La fonte dei bassi livelli di residui di arachidi nel cumino si è rivelata difficile da identificare, poiché ha interessato più fornitori.
Circa il 90% del cumino mondiale viene importato dall’India e una quota ragionevole di quel cumino viene raccolta da piccoli agricoltori. La regione dell’India coltivata a cumino ospita anche produzioni di arachidi. Gli ispettori indiani hanno osservato che molti agricoltori stavano riutilizzando sacchi di iuta che potrebbero essere stati precedentemente utilizzati per arachidi o farina di arachidi. Le arachidi in India vengono talvolta trasformate in olio di arachidi, il processo ha come sotto prodotto la farina di arachidi che gli agricoltori potrebbero trasportare nei sacchi come prodotto impiegato nel feed: questi stessi sacchi potrebbero essere successivamente utilizzati per trasportare il cumino.
Questa causa fondamentale non è mai stata completamente documentata, ma diversi produttori di spezie hanno iniziato a fornire agli agricoltori sacchi nuovi dove porre le spezie. Questa pratica ha coinciso con un minor numero di cumino o miscele di spezie contenenti cumino risultate positive per residui di arachidi. Questo episodio rivela le complessità associate alla catena di approvvigionamento per la presenza di allergeni non dichiarati.
Caso n. 5: residui di mandorla in paprika
Nell’Unione Europea sono stati richiamati campioni di paprika venduti al dettaglio per la presenza di mandorla non dichiarata. Analoghi richiami sono avvenuti anche in Canada. Per quanto appurato, i reclami dei consumatori non sono mai stati collegati a residui di mandorle nella paprika. Come nel caso del cumino, la paprika è una spezia con un sapore molto intenso e il suo utilizzo nei prodotti alimentari è perciò limitato nella quantità. Tuttavia, i livelli di mandorle non dichiarate nella paprika macinata erano moderatamente alti.
La fonte della paprika macinata era un fornitore del Medio Oriente. Questo fornitore non aveva mandorle nel suo sito, anche se il fornitore ha indicato di utilizzare attrezzature condivise per macinare sia la paprika che il mahaleb, una spezia popolare in Medioriente ottenuta dai noccioli di una varietà di ciliegie mahaleb. Mandorle e ciliegie appartengono alla stessa famiglia botanica (la famiglia delle Rosaceae) e i piccoli semi contenuti all’interno dei noccioli delle ciliegie ricordano le mandorle, anche se di dimensioni ridotte.
L’analisi successiva ha rivelato che i residui di mahaleb sarebbero risultati positivi nei metodi ELISA utilizzati per rilevare le mandorle e l’analisi spettrometrica di massa ha rivelato che i residui nella paprika macinata provenivano da noccioli di ciliegia e non da mandorle. Di conseguenza il Canada ha revocato i richiami per la mandorla non dichiarata nella paprika. I metodi ELISA per allergeni sono in genere piuttosto specifici. Tuttavia, nel caso di cugini botanici come le ciliegie mandorla e mahaleb è possibile una interferenza.
La causa principale di questi richiami è stato un metodo analitico difettoso. L’azione correttiva ha comportato l’impiego di un metodo analitico più specifico per distinguere tra mandorle e noccioli di ciliegia. A causa della stretta relazione tra mandorle e ciliegie mahaleb è probabile che le proteine di questi due alimenti siano altamente omologhe, suggerendo che l’ingestione di mahaleb potrebbe causare reazioni in individui allergici alle mandorle, anche se questo non è provato. Tuttavia, dal punto di vista normativo, le ciliegie non sono mandorle e, pertanto, non sono coperte dai requisiti di etichettatura FALCPA (Food Allergen Labeling and Consumer Protection Act).
Caso n. 6: Eliminazione di prodotti a base di cereale contaminati da latte
Questo caso non ha visto un richiamo di prodotto, ma ha comportato lo smaltimento del prodotto da parte del produttore. Un produttore di cereali per la colazione ha utilizzato impianti di lavorazione e confezionamento condivisi per la lavorazione di un prodotto a base di cereali contenente latte e un altro senza ingredienti derivati dal latte. L’azienda voleva validare il suo protocollo di pulizia per la rimozione dei residui di allergeni.
Alcune delle attrezzature sono state lavate a secco senza l’uso di acqua, mentre altre attrezzature sono state lavate a umido. Dopo aver prodotto il cereale contenente il latte è stato completato il protocollo di pulizia ed è stato realizzato il prodotto che non conteneva il latte. L’analisi condotta successivamente ha rivelato tracce di latte nelle confezioni di cereali prodotte a inizio ciclo produttivo. I livelli di residui di latte erano bassi, ma comunque rilevabili.
Dopo un’indagine approfondita, il produttore si è reso conto che durante la fase di lavaggio a umido alcune gocce di acqua rimbalzavano sulle bobine di film plastico utilizzate come rivestimento interno per le scatole di cereali. Le azioni correttive hanno previsto l’allontanamento delle bobine di film plastico e la loro protezione durante la pulizia degli impianti.
In conclusione, questi esempi di richiamo di prodotto evidenziano la complessità di un’efficace gestione del controllo degli allergeni. Si sono verificati richiami a causa di difetti di progettazione delle apparecchiature, procedure di rilavorazione non adeguate, formazione inadeguata dei dipendenti, problemi della catena di approvvigionamento, metodi analitici difettosi, e persino adulterazione intenzionale degli ingredienti.
Questi problemi sono dirompenti quando si verificano. Tuttavia, l’identificazione delle cause profonde dei richiami può e ha portato all’implementazione di GMP migliori che servono a prevenire il verificarsi o il ripetersi di richiami simili.
L’articolo completo, in lingua inglese, è disponibile al seguente link: Anatomy of Food Allergen Recalls