26/04/2023 – Pubblicato il nuovo Decreto Legislativo 23 febbraio 2023, n. 18
Ecco la terza e ultima parte di approfondimento del nuovo Decreto Legislativo 23 febbraio 2023, n. 18.
L’Art. 12 definisce i “Controlli” volti a verificare la qualità delle acque destinate al consumo umano che consistono nell’insieme di attività effettuate regolarmente e in conformità al presente articolo e all’Allegato II, Parte A e B, al fine di garantire che le acque fornite soddisfino nel tempo gli obblighi generali dell’articolo 4. Le autorità sanitarie delle Regioni e province autonome devono adottare opportuni programmi di controllo relativi alle filiere idro-potabili che insistono sul territorio di propria competenza, nel rispetto degli obiettivi generali e dei requisiti stabiliti all’Allegato II, Parte A, avvalendosi delle autorità sanitarie locali territorialmente competenti e delle Agenzie del SNPA, coordinandosi con i gestori idro-potabili, considerando i risultati della valutazione del rischio nelle forniture idro-potabili, laddove prevista e delle aree di alimentazione dei punti di prelievo. I programmi di controllo si devono basare sulla “zona di fornitura idro-potabile” articolandosi in controlli esterni (vedasi Art. 13, svolti dall’Azienda sanitaria locale territorialmente competente) e controlli interni (vedasi Art. 14, svolti dal gestore idro-potabile), pianificati in modo coordinato considerando il numero di campioni previsto dalla Tabella 1 dell’Allegato II, suddiviso in parti uguali tra i controlli esterni e i controlli interni, conferendo priorità per i controlli interni alle fonti di approvvigionamento e per i controlli esterni al punto di utenza. I controlli esterni e i controlli interni devono essere distribuiti uniformemente nel corso dell’anno in modo da garantire che i valori ottenuti siano rappresentativi della qualità dell’acqua fornita utilizzata nel corso dell’anno. I controlli comprendono anche le acque utilizzate nelle imprese alimentari (vedasi Allegato II Parte A punto 4). Il programma di controllo può essere modificato considerando circostanze contingenti o emergenziali che richiedono modifiche puntuali rispetto alla pianificazione generale. Il programma di controllo deve contenere specifiche descrizioni dei punti di prelievo dei campioni definiti dalle competenti autorità sanitarie, dei parametri, delle frequenze e dei metodi di campionamento, conformemente all’Allegato II, oltre ai tempi e i modi per l’attuazione dello stesso. I programmi di controllo devono comprendere:
a) i parametri elencati nell’Allegato I, parti A, B e C oltre ai parametri supplementari fissati con decreto del Ministro della Salute, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, su proposta dell’ISS e previo parere del Consiglio Superiore di Sanità (CSS). È possibile eliminare uno o più di questi parametri ad eccezione dei parametri fondamentali di cui all’Allegato II, parte B, punto 1, gruppo A, o aggiungere ulteriori parametri individuati sulla base della valutazione del rischio, dall’elenco dei controlli interni in capo al gestore idro-potabile, qualora per il sistema di fornitura idro-potabile sia stato realizzato ed approvato un PSA;
b) nei sistemi di distribuzione idrica interni delle strutture prioritarie individuate all’Allegato VII il controllo dei parametri elencati nell’Allegato I, parte D (Parametri pertinenti per la valutazione e gestione del rischio dei sistemi di distribuzione interni);
c) il controllo ai fini dell’individuazione dei pericoli e degli eventi pericolosi, conformemente all’articolo 8;
d) il monitoraggio operativo svolto conformemente all’Allegato II, parte A, punto 5, ovvero torbidità in uscita all’impianto di trattamento dell’acqua (non applicabile alle acque sotterranee in cui la torbidità è causata dal ferro e dal manganese) e Colifagi somatici per acque non trattate;
e) le verifiche e le ispezioni sanitarie nell’area di prelievo, di trattamento, di stoccaggio e delle infrastrutture di distribuzione delle acque, incluse le verifiche agli impianti di confezionamento di acqua in bottiglia o in contenitori, fermi restando i controlli prescritti ai fini delle valutazioni e gestioni del rischio delle forniture idro-potabili e delle aree di alimentazione dei punti di prelievo.
Entro dodici mesi dalla data di messa in operatività del sistema informativo AnTea le Regioni e province autonome devono provvedere all’inserimento nel sistema delle informazioni sui programmi di controllo.
Fino alla messa in atto dei programmi di controllo, da avviare entro il 21/03/2025, le autorità sanitarie delle regioni e province autonome devono provvedere affinché il numero minimo di campioni annui previsto dalla Tabella 1 dell’Allegato II, sia assicurato mediante controlli esterni e che i controlli interni, sia rispetto ai punti di prelievo che alla frequenza, possano essere concordati con l’azienda unità sanitaria locale territorialmente competente.
Il controllo dei parametri elencati nell’Allegato I, parti A, B, C e D, deve essere effettuato in conformità alle specifiche relative all’analisi dei parametri indicati nell’Allegato III, nel rispetto dei principi seguenti:
a) possono essere usati metodi di analisi diversi da quelli indicati nell’Allegato III, Parte A (Parametri microbiologici per i quali sono specificati metodi di analisi), per i quali sia stata valutata l’equivalenza secondo quanto previsto nello stesso Allegato, purché si possa dimostrare che i risultati ottenuti sono affidabili almeno quanto quelli ottenuti con i metodi specificati nello stesso Allegato, formulando richiesta in tal senso al CeNSiA che, previa valutazione del caso, comunicherà alla Commissione europea le informazioni pertinenti su tali metodi e sulla loro equivalenza;
b) per i parametri elencati nell’Allegato III, Parte B (Parametri chimici e indicatori – Caratteristica di prestazione minima “Incertezza di misura”), si può utilizzare qualsiasi metodo, a condizione che rispetti i requisiti di incertezza listati e abbia un limite di quantificazione pari al 30%, o inferiore, del valore di parametro pertinente.
c) Il CeNSiA recepirà e renderà disponibile la metodologia per misurare le microplastiche, in vista dell’inclusione di queste nell’elenco di controllo da parte della Commissione europea con atto delegato entro il 12 gennaio 2024 e le Linee guida tecniche sui metodi analitici per quanto riguarda il monitoraggio delle sostanze per- e polifluoroalchiliche comprese nei parametri “PFAS-totale” e “somma di PFAS”, che conterranno i limiti di rilevazione, i valori di parametro e la frequenza di campionamento che la Commissione europea prevede di stabilire entro il 12 gennaio 2024.
d) Nel comma 10. si stabilisce che, con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, verranno recepiti, ove necessario, gli atti di esecuzione che la Commissione europea adotterà per stabilire e aggiornare un “elenco di controllo” riguardante sostanze o composti che destano preoccupazioni per la salute presso l’opinione pubblica o la comunità scientifica, quali ad esempio i prodotti farmaceutici, i composti interferenti endocrini e le microplastiche. Nel comma 11. si definisce che l’“elenco di controllo”:
i. includerà le sostanze e composti di cui è probabile la presenza nelle acque destinate al consumo umano e che potrebbero presentare un potenziale rischio per la salute umana;
ii. riporterà un valore indicativo per ciascuna sostanza o composto e, se necessario, un possibile metodo di analisi che non comporti costi eccessivi;
iii. comprenderà il primo “elenco di controllo” stabilito con Decisione di esecuzione (UE) 2022/679 della Commissione del 19 gennaio 2022, che include il 17-betaestradiolo e il nonilfenolo.
Inoltre, qualora vi sia motivo di sospettare una presenza in quantità o concentrazioni tali da rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana, l’autorità sanitaria territorialmente competente ha la responsabilità di garantire controlli supplementari di singole sostanze e microrganismi non compresi nell’Allegato I, per i quali sono fissati valori di parametro supplementari. Tali controlli dovranno essere effettuati mediante controlli esterni o, in alternativa o ad integrazione di questi, tramite controlli interni, nell’ambito o al di fuori del PSA del sistema di fornitura idro-potabile. Con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, su proposta dell’ISS e previo parere del Consiglio superiore di sanità (CSS), saranno fissati valori per parametri supplementari non riportati nell’Allegato I qualora ciò sia necessario per tutelare la salute umana in una parte o in tutto il territorio nazionale. I valori fissati dovranno garantire che nelle acque non siano contenuti microrganismi, virus e parassiti, né altre sostanze, in quantità o concentrazioni tali da rappresentare un potenziale pericolo per la salute umana.
Ai fini dei controlli descritti nell’Articolo 12, i laboratori, o i terzi che ottengono appalti dai laboratori, che svolgono analisi devono essere accreditati UNI CEI EN ISO/IEC 17025 per i parametri microbiologici elencati nella Parte A dell’Allegato III e per i parametri chimici e indicatori elencati in Tabella 1, Parte B dell’Allegato III.
L’Art. 13 regola le modalità di gestione dei controlli esterni svolti dall’Azienda sanitaria locale territorialmente competente, con il coordinamento delle Regioni e province autonome di appartenenza. I risultati dei controlli esterni dovranno essere inseriti dalle Regioni e province autonome nel sistema operativo centralizzato AnTea, entro i dodici mesi successivi alla istituzione di tale sistema da parte dell’ISS entro il 21-3-2024. Nel caso di conformità dell’acqua ai parametri stabiliti all’Allegato I, Parte A, B, C e D, la trasmissione dei risultati dei controlli esterni è effettuata entro novanta giorni dall’acquisizione dell’esito dei controlli e comunque non oltre centottanta giorni dal campionamento. Nel caso di risultati non conformi gli stessi devono essere trasmessi non oltre 48 ore dall’esito dei controlli, fatti salvi gli altri obblighi sulle misure correttive descritte nell’Art. 15. I risultati dei controlli esterni devono essere integrati da ogni altra informazione rilevante sulla qualità delle acque, in particolare sui risultati dei controlli funzionali al “giudizio di idoneità” (vedi di seguito) e su eventuali provvedimenti e limitazioni d’uso. La Regione o provincia autonoma individua, quando gli impianti del sistema di fornitura dell’acqua ricadono nell’area di competenza territoriale di più Aziende sanitarie locali, l’Azienda alla quale attribuire la competenza in materia di controlli esterni. Per gli impianti del sistema di fornitura dell’acqua interregionali, l’organo sanitario di controllo è individuato d’intesa fra le Regioni e province autonome interessate. Per le attività di analisi dei controlli esterni l’Azienda sanitaria locale può avvalersi:
- di laboratori propri
- dei laboratori del Sistema regionale prevenzione salute dai rischi ambientali e climatici
- delle Agenzie Regionali per la protezione dell’ambiente (ARPA).
Il giudizio di idoneità d’uso sull’acqua destinata al consumo umano spetta all’Azienda sanitaria locale territorialmente competente e si fonda sulle caratteristiche qualitative delle acque da destinare al consumo umano, sull’adeguatezza degli eventuali trattamenti di potabilizzazione adottati, sulle risultanze delle valutazioni e gestione del rischio descritte negli articoli da 6 a 9, nonché sulla conformità dei risultati dei controlli stabiliti nelle seguenti casistiche:
a) nel caso di acque da destinare al consumo umano provenienti da nuovi approvvigionamenti, o per le quali non siano disponibili pregressi giudizi di idoneità, la destinazione al consumo umano è subordinata di norma alle risultanze dell’esame ispettivo e dei controlli analitici riferiti ai parametri delle Parti A e B in Allegato I, eseguiti su base stagionale, con una frequenza minima di quattro campionamenti uniformemente distribuiti nel tempo, fatte salve le circostanze eccezionali di cui al comma 8;
b) nel caso di acque già distribuite per uso umano, i controlli esterni riferiti ai parametri delle Parti A e B in Allegato I possono essere programmati con una frequenza ridotta rispetto alle acque di nuova utilizzazione di cui alla precedente lettera a) e il giudizio di idoneità d’uso si intende acquisito sempreché risultino conformi alla normativa almeno 4 recenti controlli analitici effettuati su tali acque e almeno un recente controllo ispettivo sul sistema di fornitura idro-potabile ne accerti l’adeguatezza ai fini del presente decreto.
Il comma 8. definisce le modalità di gestione in circostanze di accertata emergenza idro-potabile e limitatamente al periodo dell’emergenza, ove l’accesso all’acqua non possa essere garantito con altri mezzi congrui. In questi casi il giudizio di idoneità per acque da destinare per la prima volta al consumo umano potrà essere espresso anche in deroga ai controlli stagionali sopraindicati sulla base di valutazioni dell’Azienda sanitaria locale territorialmente competente, tenendo in particolare conto delle risultanze dell’analisi di rischio rese disponibili dal gestore idro-potabile ai sensi dell’articolo 8, di ogni esame ispettivo e indagine ritenuta appropriata agli scopi, e ponendo in essere, ove necessario, adeguate misure di controllo volte ad assicurare e fornire evidenza dell’assenza di rischi per la salute umana.
L’Art. 14 regola le modalità di gestione dei controlli interni svolti dal gestore idro-potabile. Per tali controlli interni il gestore idro-potabile si deve avvalere in primo luogo di propri laboratori di analisi o, in alternativa, di laboratori di altri gestori del servizio idrico integrato o anche di laboratori terzi, accreditati per le prove da svolgere in conformità alla norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025. I controlli interni non possono essere effettuati dai laboratori di analisi che operano i controlli esterni di cui all’articolo 13 sopra riportati. I gestori idro-potabili devono inserire i risultati dei controlli interni nel sistema operativo centralizzato AnTea entro i dodici mesi successivi alla istituzione di tale sistema, comunicandoli contestualmente alle Aziende sanitarie locali e alle Regioni e province autonome competenti per territorio. I risultati dei controlli interni, conseguiti a seguito dei programmi di controllo definiti dall’articolo 12, comma 2, contengono eventuali controlli integrativi straordinari attuati per le finalità del presente decreto. Nel caso di conformità dell’acqua ai parametri stabiliti nell’Allegato I, Parte A, B, C e D, la trasmissione dei risultati dei controlli interni deve essere effettuata entro novanta giorni dall’acquisizione dell’esito dei controlli e comunque non oltre centottanta giorni dal campionamento ovvero. Nel caso di risultati non conformi, la trasmissione dei risultati dei controlli interni deve essere effettuata non oltre 48 ore dall’esito dei controlli, fatti salvi gli altri obblighi sulle misure correttive di cui all’articolo 15. I risultati dei controlli interni registrati in AnTea sono resi disponibili da parte del CeNSiA all’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) per le specifiche finalità di competenza, anche per adempiere agli obblighi di informazione di cui all’articolo 18 e assicurare la disponibilità delle informazioni a livello di Commissione europea e Agenzia europea per l’ambiente.
L’Art. 15 tratta i provvedimenti correttivi e le limitazioni d’uso. In questo articolo sono definite le responsabilità in caso di non adempimento dei requisiti minimi per i valori di parametro stabiliti nell’Allegato I da parte dell’Azienda sanitaria locale territorialmente competente che deve:
a) provvedere affinché siano ricercate immediatamente le cause della non conformità;
b) considerare il potenziale pericolo per la salute umana, tranne nel caso in cui l’inosservanza del valore di parametro venga ritenuta trascurabile;
c) provvedere affinché siano adottati quanto prima i provvedimenti correttivi necessari per ripristinare la qualità delle acque, considerando l’entità del superamento del valore di parametro pertinente e del relativo potenziale pericolo per la salute umana, secondo quanto descritto nel seguente comma 2;
d) nel caso di superamento dei valori di parametro stabiliti nell’Allegato I, Parte C (Parametri indicatori), esaminare se tale inosservanza costituisce un rischio per la salute umana e, limitatamente ai casi in cui sia necessario per tutelare la salute umana, adottare provvedimenti congrui a ripristinare la qualità delle acque;
e) nel caso di mancata conformità ai requisiti minimi per i valori di parametro stabiliti nell’Allegato I, Parte D (Parametri pertinenti per la valutazione e gestione del rischio dei sistemi di distribuzione interni), provvedere affinché siano applicate le misure correttive previste all’articolo 5, comma 4, e all’articolo 9, relativamente ai rischi associati ai sistemi di distribuzione idrica interni.
Nei casi lettere b) e d) sopra riportate, qualora l’Azienda sanitaria locale territorialmente competente consideri che l’inosservanza dei valori di parametro configuri un pericolo per la salute umana, si devono tempestivamente adottate le seguenti azioni:
a) l’Azienda sanitaria locale territorialmente competente deve comunicare al gestore e all’EGATO l’avvenuto superamento dei valori di parametro e, dopo aver effettuato le valutazioni del caso, proporre al Sindaco l’adozione di provvedimenti cautelativi a tutela della salute pubblica proporzionati al rischio, compresi divieti e limitazioni d’uso, tenendo presente i pericoli per la salute umana che potrebbero derivare da un’interruzione della fornitura o da una limitazione di uso delle acque erogate;
b) il gestore idro-potabile, sentite l’Azienda sanitaria locale e l’EGATO, deve individuare tempestivamente le cause della non conformità, attuare i correttivi gestionali di competenza necessari all’immediato ripristino della qualità delle acque erogate;
c) l’Azienda sanitaria locale territorialmente competente, dopo aver stabilito che non sussiste più alcun pericolo potenziale per la salute umana, deve proporre tempestivamente al Sindaco la revoca dei provvedimenti cautelativi adottati ai sensi della lettera a), informando contestualmente l’EGATO ed il gestore idro-potabile.
Il sindaco, l’Azienda sanitaria locale, l’EGATO ed il gestore idro-potabile, ciascuno per quanto di propria competenza, devono informare i consumatori sui provvedimenti adottati e sui comportamenti da adottare ai sensi di quanto sopra elencato, nel rispetto dei seguenti principi:
- fornire informazioni a tutti i consumatori interessati in merito alla valutazione sul potenziale pericolo per la salute umana e sulle relative cause, al superamento del valore di parametro e ai provvedimenti correttivi intrapresi, alle condizioni di uso e consumo dell’acqua, compresi divieti, limitazioni dell’uso o altri provvedimenti;
- aggiornate periodicamente le informazioni fornite ai consumatori, tenendo conto, in particolare, dei gruppi di popolazione maggiormente esposti a rischi per la salute connessi all’acqua. A seguito della valutazione che non sussiste più alcun pericolo potenziale per la salute umana, l’informazione sul ripristino del normale servizio deve essere comunicata tempestivamente ai consumatori.
In caso di rilevamento di sostanze o composti inclusi nell’ “elenco di controllo” di cui all’articolo 12, comma 10, in concentrazioni superiori ai valori indicativi in esso stabiliti, l’Autorità sanitaria territorialmente competente, deve:
a) in riferimento all’art. 7 richiedere alla Regione o provincia autonoma un adeguato monitoraggio delle aree di alimentazione per i punti di prelievo di acque da destinare al consumo umano;
b) in riferimento all’art. 8 richiedere ai gestori idro-potabili la verifica che il trattamento delle acque sia adeguato a raggiungere il valore indicativo o, se necessario, l’ottimizzazione del trattamento stesso;
c) adottare eventuali provvedimenti ritenuti necessari per proteggere la salute umana conformemente a quanto in precedenza indicato nel presente articolo.
In casi di non mancata conformità rispetto ai valori di parametro stabiliti nell’Allegato I, l’Autorità sanitaria locale ha la responsabilità di provvedere affinché la fornitura di acque destinate al consumo umano che comunque rappresentano un potenziale pericolo per i consumatori, sia vietata o ne sia limitato l’uso e che sia preso ogni altro provvedimento correttivo necessario per tutelare la salute umana.
L’Art. 16 tratte le deroghe che possono essere stabilite dalle Regione o provincie autonome per i valori di parametro fissati nell’Allegato I, Parte B (Parametri chimici), fino a un valore massimo ammissibile stabilito ai sensi di un decreto del Ministro della salute e del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, su motivata richiesta effettuata dalla Regione o provincia autonoma interessata. Le deroghe non devono presentare potenziali pericoli per la salute umana e sono rilasciate quando l’approvvigionamento di acque destinate al consumo umano conformi ai valori di parametro non possa essere assicurato con nessun altro mezzo congruo. Le deroghe stabilite sono limitate alle seguenti situazioni:
a) punti di prelievo di acque da destinare al consumo umano afferenti ad una nuova area di alimentazione;
b) una nuova fonte di inquinamento rilevata nelle aree di alimentazione dei punti di prelievo di acque da destinare al consumo umano, per parametri recentemente ricercati o individuati;
c) una circostanza imprevista ed eccezionale in un’area di alimentazione utilizzata per i punti di prelievo di acque da destinare al consumo umano, che potrebbe comportare un superamento limitato temporaneo dei valori di parametro.
Le deroghe concesse dalla Regione o provincia autonoma non possono essere superiori ad un periodo di tre anni. Sei mesi prima della scadenza di tale periodo, la Regione o provincia autonoma deve trasmettere al Ministero della salute una circostanziata relazione sui risultati conseguiti nel periodo di deroga in ordine alla qualità delle acque, comunicando e documentando l’eventuale necessità di un ulteriore periodo di deroga. In casi eccezionali, e comunque limitatamente alle situazioni di cui alle precedenti lettere a) e b), su motivata richiesta della Regione o provincia autonoma basata sulla relazione dei risultati conseguiti, il Ministro della salute, dopo aver valutato la documentazione pervenuta, può emanare un decreto di concerto con il Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, al fine di consentire la concessione di una seconda deroga per un periodo inferiore ai tre anni. Le richieste motivate devono riportare i motivi della richiesta di deroga, con indicazione della causa di non conformità della risorsa idrica, i parametri interessati, i risultati dei controlli effettuati negli ultimi tre anni, il valore massimo ammissibile in deroga proposto per ogni parametro, l’area geografica, la quantità di acqua fornita ogni giorno, la popolazione coinvolta, eventuali effetti sugli operatori del settore alimentare interessati, un opportuno programma di controllo che deve prevedere, se necessario, una maggiore frequenza dei controlli rispetto a quelli minimi previsti, un piano d’azione relativo alle necessarie misure correttive, compreso un calendario dei lavori, una stima dei costi, la relativa copertura finanziaria e le disposizioni per il riesame, la durata necessaria della deroga richiesta. Il Ministero della salute deve comunicare alla Commissione europea le motivazioni della sua decisione in merito alla seconda deroga, unitamente ai risultati del riesame, entro tre mesi dalla concessione della deroga stessa da parte della Regione o provincia autonoma. I provvedimenti di deroga emanati dalle Regioni e province autonome ai sensi del presente articolo, devono essere trasmessi al Ministero della salute e al Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica entro e non oltre quindici giorni dalla loro adozione. In deroga a quanto prima definito, se la Regione o la provincia autonoma ritiene che l’inosservanza del valore di parametro sia trascurabile e se le azioni correttive intraprese a norma dell’articolo 15 sono sufficienti a risolvere il problema entro un periodo massimo di trenta giorni, può fissare il valore massimo ammissibile per il parametro interessato e attuare le necessarie misure per risolvere il problema non oltre il suddetto periodo, trasmettendo al Ministero della salute le informazioni sul ripristino della qualità dell’acqua. Tale procedura non è consentita se l’inosservanza di uno stesso valore di parametro per un determinato approvvigionamento d’acqua si è verificata per oltre 30 giorni complessivi nel corso dei dodici mesi precedenti.
La Regione o provincia autonoma che si avvale delle deroghe di cui al presente articolo deve provvedere affinché la popolazione interessata sia tempestivamente e adeguatamente informata delle deroghe applicate e delle condizioni che le disciplinano. Quando ritenuto necessario, la Regione o provincia autonoma deve provvede inoltre a fornire raccomandazioni a gruppi specifici di popolazione per i quali la deroga potrebbe costituire un rischio particolare. Le informazioni raccomandazioni fornite alla popolazione fanno parte integrante del provvedimento di deroga.
La Regione o provincia autonoma deve considerare le deroghe adottate a norma del presente articolo ai fini della redazione dei piani di tutela delle acque, per ogni considerazione, valutazione e provvedimento correttivo previsto ai sensi degli articoli 7 e 8 e per la definizione dei programmi di controllo di cui all’articolo 12. Il presente articolo non si applica alle acque fornite mediante cisterna ed a quelle confezionate in bottiglie o contenitori, rese disponibili per il consumo umano per le quali non sono previste deroghe.
L’Art. 17 tratta il diritto all’accesso all’acqua destinata al consumo umano definendo le responsabilità delle Regioni a provincie autonome. Tali istituzioni sono chiamate a adottare le misure necessarie per migliorare l’accesso di tutti alle acque destinate al consumo umano, in particolare per i gruppi vulnerabili ed emarginati, migliorando l’accesso per chi già ne beneficia e promuovendo l’uso di acque di rubinetto. A tal fine, ad integrazione della legislazione vigente sul territorio nazionale volta a garantire la fornitura del quantitativo minimo vitale di acqua agli utenti domestici del servizio idrico integrato che versano in condizioni di documentato stato di disagio economico-sociale, devono:
- individuare sul proprio territorio le persone prive di accesso o con un accesso limitato alle acque destinate al consumo umano, compresi i gruppi vulnerabili, tra cui senzatetto, rifugiati, individui appartenenti a culture minoritarie stanziali o nomadi, nonché i motivi di tale mancanza di accesso;
- adottare le misure che ritengono necessarie e adeguate a garantire l’accesso all’acqua destinata al consumo umano;
- adottare una disciplina volta a consentire e favorire l’accesso all’acqua, che comprenda obblighi di punti di accesso alle acque per gli edifici prioritari, quantomeno per aeroporti, stazioni, stabilimenti balneari;
- adottare azioni volte a promuovere l’utilizzo di acqua potabile di rubinetto, creando dispositivi e punti di erogazione dell’acqua all’esterno e all’interno degli spazi pubblici, nelle pubbliche amministrazioni e negli edifici pubblici, in modo proporzionato alla necessità di tali misure e tenendo conto delle condizioni locali specifiche, quali il clima e la geografia, e promuovendo la fruibilità dei punti di accesso all’acqua mediante appropriata informazione;
- incoraggiare o incentivare la messa a disposizione di acqua potabile a titolo gratuito ai clienti di ristoranti, mense e servizi di ristorazione, avviando campagne di informazione per i cittadini circa la qualità dell’acqua destinata a consumo umano;
- rendere disponibili una serie di dati contenenti le informazioni relative alle misure adottate per migliorare l’accesso e promuovere l’uso delle acque destinate al consumo umano, inclusa la percentuale della popolazione che ne ha l’accesso, trasmettendola nel sistema AnTea entro il 12 gennaio 2029 e aggiornandola successivamente ogni sei anni;
- adottare misure atte a rendere possibile un approvvigionamento idrico di emergenza per fornire acqua potabile rispondente ai requisiti minimi previsti dall’Allegato I, per la quantità ed il periodo minimi necessari per far fronte ad eventuali contingenti esigenze locali (ad esempio per situazioni di emergenza idrica o inquinamenti degli ambienti di ricarica o in connessione con gli acquiferi sotterranei o superficiali);
- esercitare, negli ambiti di loro competenza, poteri sostitutivi in casi di inerzia delle autorità locali competenti nell’adozione dei provvedimenti necessari alla tutela della salute umana e all’accesso all’acqua.
È pertanto possibile ipotizzare, nei prossimi anni, l’emissione di una serie di provvedimenti da parte delle Regioni e provincie autonome per gestire i sopraelencati obblighi, che potranno basarsi sulle indicazioni elaborate nell’ambito di documentazione che verrà emessa dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.
L’Art. 18 regola le informazioni al pubblico che dovranno essere fornite dai gestori idro-potabili a tutti gli utenti, periodicamente ma con frequenza almeno annuale, nella forma più appropriata e facilmente accessibile, anche nella bolletta o con mezzi digitali quali applicazioni intelligenti, che dovranno comprendere almeno:
- informazioni adeguate e aggiornate sulla produzione, gestione e qualità dell’acqua potabile fornita, conformemente all’Allegato IV, punto A, nel rispetto delle norme applicabili in materia di protezione dei dati. Tali informazioni dovranno contenere come minimo quelle relative alla qualità delle acque destinate al consumo umano, inclusi i parametri indicatori, il prezzo dell’acqua fornita per litro e metro cubo, il volume consumato dal nucleo familiare, almeno per anno o per periodo di fatturazione, nonché le tendenze del consumo familiare annuo, se tecnicamente fattibile e se tali informazioni sono a disposizione del gestore idro-potabile, il confronto del consumo idrico annuo del nucleo familiare con la media nazionale, un collegamento al sito istituzionale contenente le informazioni di cui all’Allegato IV “INFORMAZIONI AL PUBBLICO”.
- le informazioni sopra elencate dovranno inoltre essere rese disponibili da parte dei gestori idro-potabili nel cloud del PSA richiamato all’Allegato VI, Parte I e trasmesse con periodicità almeno semestrale al CeNSiA attraverso il sistema AnTea.
L’ARERA, nell’ambito delle disposizioni di disciplina e controllo del servizio idrico integrato, deve adottare le misure necessarie per quanto di competenza, al fine di assicurare gli obiettivi del presente articolo.
L’Art. 19 tratta l’istituzione del CeNSiA e di AnTea e le informazioni relative al controllo dell’attuazione della direttiva 2020/2184/UE. Gli obiettivi di questo articolo sono quelli di assicurare un approccio sistemico nell’implementazione del decreto, la gestione e comunicazione efficiente dei dati funzionali al controllo dell’attuazione del decreto stesso, garantendo l’accesso delle informazioni al pubblico, lo scambio di dati e di comunicazioni tra le Autorità competenti nazionali e dell’Unione europea e tra queste e gli operatori del settore idropotabile. Il Centro nazionale per la sicurezza delle acque (CeNSiA) dovrà essere istituito presso l’ISS, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto (quindi entro il 21/06/2023) e sarà articolato in quattro aree funzionali:
- rischio microbiologico e virologico,
- rischio chimico,
- coordinamento, gestione accesso ai dati,
- valutazione e approvazione di piani di sicurezza delle acque.
Il direttore del CeNSiA sarà scelto tra i dirigenti di ricerca dell’ISS ovvero tra le professionalità di comprovata esperienza in Piani di sicurezza delle acque e protocollo su acqua e salute. Il CeNSiA utilizzerà personale dell’ISS per lo svolgimento delle proprie funzioni
Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto (ovvero il 23/03/2024), l’ISS appronterà il sistema informativo centralizzato denominato “Anagrafe Territoriale dinamica delle Acque potabili (AnTea)”.
Il CeNSiA avrà numerose funzioni tra le quali:
a) approvazione dei Piani di sicurezza delle acque (PSA),
b) elaborazione, entro novanta giorni dalla data in entrata in operatività del Centro, delle “Linee guida per l’approvazione dei Piani di sicurezza dell’acqua per le forniture idro-potabili”, sulla base dei criteri stabiliti nell’Allegato VI, con successivo inoltro alla Commissione nazionale di sorveglianza sui Piani di Sicurezza dell’acqua (vedasi successivo Articolo 20),
c) coordinamento e formazione continua del Gruppo nazionale di esperti per la verifica, valutazione e approvazione del PSA, come descritto nella Parte II, lettera C, dell’Allegato VI, istituito con decreto del Ministero della salute, su proposta del CeNSiA, da adottarsi entro centottanta giorni dalla istituzione del CeNSiA,
d) verifica della conformità e funzionalità dei PSA anche attraverso verifiche ispettive sulla filiera idro-potabile e secondo quanto previsto dalle Linee guida richiamate al punto b),
e) formulazione dei giudizi di approvazione dei PSA richiesti dai gestori idro-potabili ai sensi dell’articolo 8, comma 1, e successiva notifica del giudizio al gestore idro-potabile, alla Regione e provincia autonoma, alla ASL di competenza e ad ARERA, nonché pubblicazione sul sistema AnTea,
f) elaborazione delle rendicontazioni e programmazioni annuali sullo stato delle valutazioni e gestioni del rischio dei sistemi di fornitura idro-potabile, successivo inoltro alla Commissione nazionale di sorveglianza sui Piani di Sicurezza dell’acqua per la valutazione e approvazione e pubblicazione sul sistema AnTea, anche ai fini dell’accessibilità delle informazioni alle autorità dell’Unione Europea, da effettuare entro il mese di marzo di ogni anno a partire dal 2030;
g) rilascio delle autorizzazioni per l’immissione sul mercato nazionale dei ReMaF in conformità al presente decreto;
h) gestione del sistema informativo centralizzato AnTea, sulla base degli indirizzi del Ministero della salute e delle indicazioni fornite dal Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica con il supporto di ISPRA, in accordo a quanto riportato nei successivi commi 4 e 5 dell’articolo.
Il sistema AnTea dovrà essere conforme ai sistemi informativi istituiti a livello di Unione Europea e con il riparto delle competenze delle Autorità nazionali sanitarie ambientali preposte alla protezione e alla vigilanza sui corpi idrici da destinare al consumo umano e sulle acque destinate al consumo umano e avrà finalità di garantire l’acquisizione, l’elaborazione l’analisi e la condivisione di tutti i dati di monitoraggio e controllo relativi alla qualità della acque da destinare e destinate a consumo umano richiesti dal presente Decreto, nonché permettere lo scambio delle informazioni tra i vari portatori di interesse del sistema di gestione europeo, nazionale, regionale, locale, all’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e ad altre organizzazioni internazionali.
L’Art. 20 regola l’istituzione della Commissione nazionale di sorveglianza sui Piani di Sicurezza dell’acqua. Tali Commissione sarà istituita con decreto del Ministero della Salute, entro 180 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto (ovvero entro il 17/09/2023). La Commissione sarà composta da:
a) due rappresentanti del Ministero della salute, di cui uno con funzione di Presidente della Commissione stessa;
b) un rappresentante dell’ISS, referente del CeNSiA;
c) un rappresentante del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica;
d) un rappresentante del Ministero delle imprese e del made in Italy;
e) un rappresentante del Coordinamento Interregionale della Prevenzione, Commissione Salute, Conferenza delle Regioni e delle province autonome;
f) un rappresentante di SNPA;
g) un rappresentante di ARERA;
h) un rappresentante degli EGATO.
La Commissione avrà le seguenti funzioni:
a) svolgere compiti di indirizzo e sorveglianza in materia di valutazioni e gestioni del rischio dei sistemi di fornitura idro-potabile, secondo un piano di azione triennale;
b) valutare per l’approvazione, secondo i requisiti generali stabiliti nell’Allegato VI, le Linee guida per l’approvazione dei Piani di sicurezza dell’acqua per le forniture idro-potabili elaborate dal CeNSiA;
c) su proposta del CeNSiA, definire i criteri di qualifica degli esperti del “Gruppo nazionale di esperti per la verifica, valutazione e approvazione del PSA” di cui all’articolo 19 e approvare annualmente la composizione del Gruppo stesso;
d) valutare, per l’approvazione, su proposta del CeNSiA, le rendicontazioni e le programmazioni annuali sulle approvazioni delle valutazioni e gestioni del rischio dei sistemi di fornitura idro-potabile.
Ai componenti della Commissione non saranno corrisposti compensi, gettoni di presenza, rimborsi spese ed altri emolumenti.
L’Art. 21 definisce la modalità di revisione e modifica degli allegati del Decreto. Sarà il Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica che recepirà, tramite decreti:
a) le modifiche all’Allegato III sulle specifiche per l’analisi dei parametri, ove necessario,
e
b) le modifiche del valore di parametro del bisfenolo-A nell’Allegato I, Parte B,
che la Commissione potrà apportare attraverso l’adozione di atti delegati (ovvero Direttive), al fine di adeguare tali specifiche e valori alle nuove conoscenze scientifiche e tecnologiche.
L’Art. 22 salvaguardia le competenze delle Regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano.
L’art. 23 elenca le sanzioni per il non rispetto di quanto previsto negli articoli del Decreto. Tali sanzioni sono suddivise per articolo/comma e per responsabilità. Le sanzioni sono comprese tra i 500 ed i 92.000 €.
Di particolare importanza per gli OSA quelle previste dal comma 1., lettera c) che riportiamo per intero:
“c) chiunque utilizza in un’impresa alimentare, mediante incorporazione o contatto, acqua non conforme alle disposizioni di cui all’articolo 4, comma 2, lett. a), b) e c), seppur lo sia nel punto di consegna, per la fabbricazione, il trattamento, la conservazione, l’immissione sul mercato di prodotti o sostanze destinate al consumo umano, che ha conseguenze sulla salubrità del prodotto alimentare finale e ripercussioni, dirette o indirette, sulla salute dei consumatori interessati, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 30.000 euro”,
e quelle delle seguenti lettere del comma 2. relativo alle sanzioni per il non rispetto dei requisiti per la messa in commercializzazione e utilizzo dei ReMaF, successivamente alla data indicata all’articolo 11, comma 4 (dal 12 gennaio 2036):
“b) chiunque utilizza ReMaF non conformi ai requisiti tecnici di idoneità per l’uso convenuto, riportati in Allegato IX, sezioni B, Ce D, è soggetto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria da 4.000 a 30.000 euro;
d) chiunque non ottempera agli oneri di conservazione della documentazione sui ReMaF di cui all’articolo 11, comma 14, è soggetto al pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 5.000 euro.”
L’art. 24 definisce le norme transitorie, nelle quali è richiesto alle autorità ambientali e sanitarie e ai gestori idro-potabili di adottare con ogni tempestività e comunque non oltre il 12 gennaio 2026, le misure necessarie a garantire che le acque destinate al consumo umano soddisfino i valori di parametro di cui all’Allegato I, Parte B, per quanto riguarda: bisfenolo-A, clorato, acidi aloacetici, microcistina-LR, PFAS-totale, somma di PFAS e uranio. Il controllo di questi parametri assumerà carattere di obbligo a decorrere dalla stessa data.
L’Art. 26 tratta le disposizioni finanziarie relative all’applicazione del Decreto. Ad eccezione dei commi 2 e 3 sotto riassunti, non sono previsti nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le Amministrazioni interessate dovranno svolgere le attività previste nel Decreto con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. Il comma 2. prevede per l’istituzione e pubblicazione del sistema informativo centralizzato AnTea oneri di 2,5 milioni di Euro per l’anno 2023. Il comma 3. prevede le seguenti spese per le attività svolte dal CeNSiA (descritte nell’Art. 19, comma 2.) e per gli oneri di funzionamento del sistema informativo centralizzato AnTea:
– Anno 2023: 1,6 milioni di Euro
– a partire dall’anno 2024: 2 milioni di euro annui.
CONCLUSIONI
- Il Decreto Legislativo 23 febbraio 2023, n. 18, che recepisce la Direttiva (UE) 2020/2184 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2020, concernente la qualità delle acque destinate al consumo umano ha un dettato normativo ampio, articolato e complesso
- Riguarda anche le acque utilizzate nelle imprese alimentari, anche se sono previste delle esclusioni;
- Il Decreto aggiunge alcuni parametri soggetti a controllo nelle acque destinate al consumo umano e modifica i valori di altri parametri;
- Prevede un approccio alla sicurezza dell’acqua basato sul rischio, definendo le responsabilità per le relative valutazioni e gestioni del rischio nei diversi step della filiera idro-potabile, considerando anche la distribuzione idrica interna delle strutture prioritarie;
- Definisce i requisiti minimi di igiene per i materiali che entrano a contatto con le acque destinate al consumo umano, mantenendo per il momento in vigore il Decreto del Ministro della salute 6 aprile 2004, n. 174, in attesa che l’ECHA stabilisca i nuovi criteri per i materiali stessi;
- Definisce i requisiti e le modalità con le quali dovranno essere gestiti i reagenti chimici e i materiali filtranti attivi e passivi da impiegare nel trattamento delle acque destinate al consumo umano (denominati “ReMaF”), che richiederanno la certificazione da parte di un Organismo di certificazione terzo, nonché l’autorizzazione del CeNSiA e l’inserimento in un elenco nel sistema informativo centralizzato AnTea;
- Definisce i controlli che devono essere svolti per verificare la qualità delle acque destinate al consumo umano, suddividendoli in controlli esterni (svolti dall’Azienda sanitaria locale territorialmente competente) ed in controlli interni (svolti dal gestore idro-potabile);
- Definisce le responsabilità per i provvedimenti correttivi e le limitazioni d’uso in caso di inosservanza dei requisiti minimi per i valori di parametro stabiliti nell’allegato I, comprese le relative deroghe;
- Stabilisce le modalità di gestione e le responsabilità delle Regioni e provincie autonome nel garantire il diritto all’accesso all’acqua in quantità necessarie a tutte le fasce della popolazione;
- Stabilisce le informazioni sulle acque destinate al consumo umano che dovranno essere fornite agli utenti;
- Dispone, all’interno del’ISS, l’istituzione del Centro nazionale per la sicurezza delle acque (CeNSiA), i suoi compiti e responsabilità e del sistema informativo centralizzato denominato “Anagrafe Territoriale dinamica delle Acque potabili (AnTeA)”, che fungerà da sistema di raccolta e condivisione dei dati ed informazioni relative alle acque destinate al consumo umano nonché della Commissione nazionale di sorveglianza sui Piani di Sicurezza dell’acqua;
- Stabilisce le sanzioni per il non rispetto dei diversi articoli del Decreto.
Il Decreto richiederà, oltre alla stesura/elaborazione di tutti i documenti previsti nei diversi articoli:
- L’emissione da parte delle Regioni e province autonome di atti per la definizione delle modalità di gestione di quanto di propria responsabilità;
- L’emissione delle “Linee guida per l’approvazione dei Piani di sicurezza dell’acqua per le forniture idro-potabili” (da parte del CeNSiA);
- L’aggiornamento (o abrogazione) del Decreto del Ministro della salute 6 aprile 2004, n. 174 per i materiali a contatto con le acque destinate al consumo umano;
- L’emissione da parte di Accredia di documenti tecnici per l’accreditamento di organismi di certificazione che rilasceranno le certificazioni di conformità dei ReMaF.
(Nota- nel prossimo periodo sarà pubblicato un articolo riassuntivo di tutti gli approfondimenti)