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Etichette: stabilimento di produzione o di confezionamento (Documento di approfondimento)

Tale indicazione non è mai stata prevista a livello europeo, neanche con la storica Direttiva 2000/13/CE, tuttora ancora vigente e recepita in Italia con il D.Lgs. 109/1992.

Essa era stata introdotta dal legislatore nazionale all’art. 3 lett. f) del medesimo decreto con la motivazione di rafforzare la rintracciabilità degli alimenti commercializzati e la tutela della salute pubblica: predisponendo l’obbligatorietà di tale indicazione, infatti, in caso di problemi sanitari legati al prodotto sarebbe stato assai semplice, per le Autorità, addivenire al sito produttivo più probabilmente responsabile del fatto.

Ciò nondimeno, l’indicazione ha assunto negli anni anche un importante valore informativo per il consumatore poiché gli consente di sapere lo Stato Membro ed il luogo ove l’alimento è stato materialmente prodotto e/o confezionato.

Il Regolamento UE 1169/2011 sull’informazione al consumatore, la cui entrata in vigore è prevista per il 13 dicembre 2014, abrogherà la previgente Direttiva, ma anch’esso non prevederà come obbligatoria la citata indicazione.

Premesso che essa potrà essere sempre mantenuta in etichetta, in via volontaria, il nuovo venire meno dell’obbligatorietà ha generato molto allarme tra i consumatori e alcune correnti politiche, le quali stanno chiedendo a gran voce al nostro Governo la reintroduzione dell’indicazione con relativa notifica alla Commissione Europea di una nuova normativa nazionale che disponga in tale ambito.

Ma vi è di più. Alla fine del mese di luglio il Ministero per lo sviluppo economico ha motivato l’inerzia spiegando in una Nota informativa di fine luglio come, effettivamente, al momento, a livello politico pare esservi un’assenza di volontà rispetto al mantenimento dell’obbligo nazionale di citare la sede dello stabilimento (di produzione e/o confezionamento) sulle etichette dei prodotti alimentari venduti in Italia.

La soluzione della questione sembra tuttavia ben lungi dall’essere raggiunta, come dimostra la recente petizione del Movimento 5 Stelle a favore della notifica a Bruxelles di una nuova normativa nazionale che mantenga tale indicazione come obbligatoria, nonché della robusta campagna mediatica stimolata dalle associazioni dei consumatori e da Coldiretti.

Certo è che difficilmente avremo una soluzione alla data del 13 dicembre 2014, posto che i tempi di notifica delle norme alla Commissione – e del relativo vaglio di compatibilità con il diritto UE – richiedono almeno 90 giorni di tempo.

Si auspicano, pertanto, maggiori chiarimenti da parte delle istituzioni di qui all’entrata in vigore del Regolamento UE 1169/2011.

Cesare Varallo

Avvocato esperto in diritto alimentare

 

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